Immagini fotografiche che riportano indietro nel tempo. Un passato recente in un secolo di trasformazioni eclatanti per un territorio in cui l’energia elettrica e l’acqua corrente erano ancora un miraggio nel secondo dopoguerra. Ripercorriamo insieme la storia della Baraggia.

    Gli anni Venti - La definizione del comprensorio di Baraggia.

    Quale fu il punto di svolta  per trasformare l’incolta Baraggia in un territorio di eccellenze, l’unico in cui si coltiva riso DOP in Italia? Il percorso fu lungo e complesso, ma l’inizio fu segnato con la delimitazione del comprensorio. Nel 1929 la Baraggia fu ufficialmente inserita nelle 8 aree più depresse d’Italia, quelle soggette a trasformazione fondiaria, grazie al Decreto n.1458 del 2 maggio 1931 a firma di Arrigo Serpieri.

    Baraggia di Rovasenda negli anni Venti

     

    Gli anni Cinquanta - La nascita del Consorzio di Bonifica della Baraggia Biellese e Vercellese dà il via alla fase operativa.

    Bisognerà aspettare il 1950, dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, con la costituzione del Consorzio di Bonifica della Baraggia Biellese e Vercellese (decreto n. 3862 a firma dell’allora Presidente della Repubblica Luigi Einaudi) per iniziare a vedere i primi segni di trasformazione del territorio.

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    Gli anni Sessanta - Elettricità e acqua. Primi segni del nuovo volto della Baraggia e della sua Gente.

    I primi segnali di un mondo che sta cambiando arrivano con le opere di sistemazione delle strade, con l’elettrificazione dei fabbricati rurali e successivamente con l’arrivo dell’acqua potabile nelle case. In questo periodo furono realizzate le infrastrutture primarie dell’acquedotto consortile, potabilizzazione dell’acqua e rifornimento dei comuni della Baraggia. In mezzo a tante evoluzioni, anche la vita della gente sta cambiando. Ne sono testimonianza le immagini che abbiamo recuperato nell’archivio del Consorzio, scene di vita quotidiana che riprendono la “Gente di Baraggia”. Così chiamiamo gli abitanti della nostra zona, persone che hanno saputo partecipare attivamente alla trasformazione di un territorio difficile e asfittico grazie a capacità e iniziative personali, alla dedizione verso la propria terra e, naturalmente, tanto duro lavoro.

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    La Strada Buronzo. Rovasenda con l'immagine del secolare castello.

     

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    L'Eusebiano, articolo del 30 dicembre 1971.

     

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    Si completa l'elettrificazione rurale della Baraggia.

     

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    1965 - L'arrivo dell'acqua nelle abitazioni è vissuto come una grande festa a Villanova Biellese.

    Qual è il confine che separa l’emergenza siccità dal rischio alluvioni? Il tema, più che mai attuale, rappresenta per la Baraggia una lotta secolare.

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    Invaso della Ravasanella, Roasio (VC)

    La ricerca costante dell’acqua per irrigare i campi e la difesa dalle piene per salvaguardare le coltivazioni e i suoi abitanti è un equilibrio che non nasce in modo naturale nelle selvagge e asfittiche terre di Baraggia. La bonifica del territorio, a partire dalla metà del secolo scorso, ha avuto un ruolo fondamentale nello sviluppo di questa porzione di provincia tra Biella e Vercelli. Infrastrutture di rilievo sono state costruite dopo la costituzione del Consorzio di Bonifica Biellese e Vercellese nel 1950. I tre invasi, Ostola a Masserano, Ravasanella a Roasio e Ingagna a Mongrando, sono l’esempio più significativo del complesso sistema di opere idrauliche che permette il funzionamento del ciclo dell’acqua.

    Gli invasi hanno prioritariamente una funzione irrigua, raccogliendo l’acqua piovana prevalentemente in autunno ed in primavera, per distribuirla gradualmente a valle, verso i campi, per la sommersione delle risaie in estate. Altra funzione fondamentale svolta dagli invasi è nel campo della sicurezza idrogeologica provvedendo attivamente alla laminazione delle piene durante i periodi di pioggia intensa, proprio come avvenuto recentemente alla fine di questo novembre.

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    Invaso della Ravasanella, Roasio (VC)

    Abbiamo intervistato a questo proposito l’Ing. Domenico Castelli, progettista della società di ingegneria Steci srl, che ha seguito la realizzazione degli invasi del Consorzio (Ingagna, Ostola e Ravasanella) nonché la progettazione di altri in provincia di Cuneo, tutti invasi caratterizzati principalmente da 4 funzioni gestionali: di irrigazione, potabile, laminativa ed idroelettrica.

    In che modo le dighe sono utili a ridurre il rischio alluvioni?

    “La laminazione delle piene consiste nella riduzione della portata massima dei corsi d’acqua che si sviluppa durante le piogge intense” spiega Castelli. “L’onda di piena si genera per effetto della trasformazione della pioggia che cade sul comprensorio montano e che tramite il fiume transita verso valle. Questo è un meccanismo variabile nel tempo, che aumenta man mano che i contributi delle singole valli si sommano, arrivando ad un valore massimo finché la pioggia non cala e gli afflussi si riducono insieme alla portata dell’alveo”. Ed è qui che arriviamo al ruolo degli invasi: “Grazie alla costruzione di laghi artificiali è possibile trattenere la portata al colmo, restituendola gradualmente verso valle quando le piogge sono meno intense o assenti. La laminazione contribuisce così anche alla protezione e alla sicurezza dei territori, evitando episodi alluvionali nei centri urbani durante le precipitazioni più intense”.

    Quando la diga arriva a sfiorare c’è qualche rischio per i centri urbani limitrofi?

    “Per restituire l’acqua la diga deve arrivare a sfiorare. Intanto non è così facile alzare il livello dell’acqua anche solo di pochi centimetri su una superficie enorme come un lago. Per farlo ci vogliono ore e, durante quel lasso di tempo, l’intensità della pioggia si sarà inevitabilmente ridotta”. In questo senso anche nel caso in cui la diga arrivi a sfiorare l’effetto è comunque benefico: “Per effetto del tempo necessario ad innalzare il livello del lago, quando la diga sfiora determinerà un’onda di piena sempre comunque inferiore a quella che naturalmente sarebbe passata in assenza del lago, contribuendo così a ridurre notevolmente il rischio di alluvioni”. Insomma, per sfatare alcuni miti negativi legati alle dighe, l’effetto di laminazione è sempre comunque assicurato durante le piene.

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    Invaso dell'Ostola, Masserano (BI)

    La diga dell’Ingagna è l’ultima opera realizzata dal Consorzio e quella forse più importante. Qual è il suo valore aggiunto rispetto a Ostola e Ravasanella?

    “Terminato nel 1991, quello sull’Ingagna a Mongrando è l’invaso maggiore per estensione, con una capacità di oltre 7 milioni di mc, il primo in Piemonte e uno dei primi in Italia ad essere sottoposto ad un piano di laminazione dinamico. Individuato il periodo di maggiore probabilità delle piene (in genere in autunno, dal 15 settembre al 15 novembre), al monitoraggio delle condizioni meteo sfavorevoli, si fanno degli svasi preventivi per accrescere il potere laminativo della diga. Questo piano di laminazione dinamico delle piene è entrato in vigore nel 2014 e permette di programmare gli svasi, riducendo il rischio allagamenti, in particolare nel centro abitato di Mongrando. Il torrente Ingagna è idrogeologicamente idoneo a consentire il deflusso di portate fino ad una portata di 70-73 mc al secondo; oltre a quel valore comincerebbero ad esserci i primi problemi esondativi, ma con il piano di laminazione dinamica si possono controllare in maniera efficiente le portate, sfasandole nel tempo per restare sempre al di sotto di tali valori. Questa funzione fu fondamentale durante le alluvioni del 1994, 2000 e 2002”.

    Cosa succede all’acqua che viene svasata durante i periodi di piena? Viene in qualche modo recuperata?

    L’acqua fuoriuscita dall’invaso torna nella sua sede naturale, il torrente Ingagna, e procede il suo transito verso valle. L’acqua in eccesso, in questi casi, non può essere trattenuta a uso irriguo ma, limitatamente, può essere sfruttata idroelettricamente attraverso le due 2 centraline ubicate a Mongrando ed a Magnonevolo (Cerrione). Un ulteriore uso, molto importante, delle acque dell’invaso dell’Ingagna è quello  potabile: l’acqua è trattata al piede della diga, dove c’è un impianto di potabilizzazione, e da qui è distribuita verso la pianura vercellese. Già oggi si serve un comprensorio che arriva fino a Collobiano, in pratica alle porte della città di Vercelli.

    L’uso principale dell’invaso resta comunque quello irriguo: l’acqua è distribuita mediante un grande impianto a pioggia, a caduta naturale e senza alcun costo di sollevamento, per bagnare campi di mais e prato in estate”.

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    Invaso dell'Ingagna, Mongrando (BI)

    Il risparmio non va inteso solo in senso economico, ma soprattutto ambientale: in questo momento storico la tutela delle risorse naturali ha un valore ancora più significativo. Di fronte ai continui segnali che testimoniano un cambiamento climatico custodire l’acqua è una questione di sicurezza per chi ne beneficia oggi e una fonte di salvezza per le generazioni future

    “La Terra su cui viviamo non l’abbiamo ereditata dai nostri padri, l’abbiamo presa in prestito dai nostri figli”  (1852, Capo Seattle)

    La Baraggia Biellese e Vercellese tiene duro e lavora per la sicurezza idrogeologica del territorio e delle persone. Dal 1950.

    “Eventi calamitosi: generalmente, si intendono gli eventi naturali che comportano precisi danni a persone o cose come, ad esempio, alluvioni, grandinate, terremoti, tifoni, frane ecc.”

    Il Consorzio di Bonifica della Baraggia Biellese e Vercellese viene costituito nel 1950 con l’intento di riqualificare un’area depressa a livello socio-economico, ma anche per salvaguardare la sicurezza delle persone, delle infrastrutture pubbliche, degli insediamenti rurali e delle coltivazioni.

    Attorno ai torrenti si è creata la civiltà e la vita, ma dai torrenti gli uomini spesso sono costretti a difendersi, specialmente quando le condizioni metereologiche gridano all’allerta e assumono aspetti alluvionali.

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    1960 - La traversa sul Sesia a Romagnano: opera di primaria importanza per l'area irrigua Cervo - Sesia che sarà ripetuta anche nei successivi anni per la sostituzione della pietraia della Roggia Marchionale alla Ca' d'Assi.

    Uno dei peggiori eventi alluvionali di cui si abbia memoria nella storia recente è l’alluvione del 1968 che toccò proprio al Piemonte, in particolare alla provincia di Vercelli (che allora includeva anche Biella). Disastri e morti si verificarono durante l’infernale nubifragio che sconvolse città e campagna. Dopo quella terribile esperienza furono realizzati numerosi interventi operativi, con un massiccio dispiegamento di forze da parte del Consorzio di Bonifica fino alla fine del 1980. Sesia, Cervo, Elvo, i torrenti Rovasenda e  Marchiazza e altri corsi minori vennero rinforzati con difese spondali composte di pietrame e arginature che potessero contenere le piene durante i periodi di piogge abbondanti.

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    La traversa, ubicata nel tratto di transizione del regime idraulico del Sesia, tra il sistema vallivo e di pianura, è fondamentale per la stabilità del fiume nei territori di Gattinara e Romagnano, come più volte riconosciuto dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici.

    Il complesso sistema di opere di protezione e di regimazione in quegli anni fu costituito da difese spondali, disalvei, arginature, soglie di fondo per il rallentamento della velocità della corrente e per la diminuzione dei fenomeni erosivi, allo scopo di stabilizzare i corsi d’acqua e consentire la regolare attivazione delle derivazioni irrigue. Tuttavia la mancanza di finanziamenti destinati all’ordinaria manutenzione delle opere e alla pulizia idraulica non permise alle infrastrutture di funzionare a pieno regime. Nel 1994 una nuova alluvione investì il Piemonte: il 5 e 6 novembre il Consorzio intervenne sui torrenti Cervo, Elvo e minori, in particolare nel torrente Ingagna, dove la diga appena terminata a valle di Mongrando subì il riempimento quasi totale, raggiungendo la sommità del lago. Per 24 ore vennero raccolti oltre 6 milioni di metri cubi d’acqua.

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    Planimetria con l'individuazione di alcune sistemazioni idrauliche dei torrenti del comprensorio tra le centinaia realizzate.

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    Opere di sistemazione e difesa del torrente Ingagna nell'abitato di Mongrando.

    Anche l’alluvione nell’autunno del 2000 fu notevole, ma finalmente vennero stanziati i finanziamenti dello Stato, grazie alla legge 23 dicembre 2000 (Finanziaria 2001).

    Si poté così procedere con nuovi interventi su opere infrastrutturali fondamentali per la sicurezza del territorio, come gli invasi dell’Ostola, della Ravasanella e dell’Ingagna, con il prolungamento Canale della Baraggia e la ristrutturazione della Roggia Marchionale, solo per citare i più importanti.

    Per il comprensorio di Baraggia la lotta secolare è stata sempre quella della ricerca dell’acqua per l’irrigazione dei campi e, nello stesso tempo, difendersi dall’acqua per salvare le coltivazioni e soprattutto i suoi abitanti. Tra le infrastrutture più importanti figurano sicuramente i tre invasi: Ostola a Masserano, Ravasanella a Roasio e l’invaso dell’Ingagna a Mongrando. Il ruolo fondamentale che rivestono nella gestione irrigua del territorio, raccogliendo e conservando l’acqua piovana durante la stagione fredda per poterla distribuire ai campi a valle in primavera, si completa con la preziosa attività di laminazione delle piene.

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    La valle della Ravasanella prima della diga.

    In un periodo in cui la crisi climatica accentua gli effetti degli eventi metereologici, come le abbondanti piogge localizzate, il presidente di ANBI Francesco Vincenzi conferma “la necessità di investire per la realizzazione di nuovi invasi, al fine di stoccare più dell’11% di acqua piovana, che attualmente riusciamo a trattenere; disporremmo così di maggiori riserve idriche da utilizzare nei momenti di bisogno con evidenti vantaggi per l’agricoltura e l’ambiente, ma anche per la sicurezza idrogeologica.”

     La prevenzione degli eventi alluvionali è la prima attività di difesa per la sicurezza pubblica, una forma di tutela doverosa destinata a tutti gli abitanti che vivono in questo territorio, la gente di Baraggia Biellese e Vercellese.

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    La valle della Ravasella oggi.

    Se state pensando a terreni paludosi o zone inquinate siete fuori strada. Certo, “bonifica” è un  termine che può trarre in inganno: si pensa subito ad aree fangose oppure, considerando le più recenti e tristi cronache, a un sito inquinato che deve essere risanato, ma in questo caso ha un significato ben diverso.

    Negli anni ‘20, quando la politica nazionale rivolse il proprio interesse verso alcune aree depresse del Paese, tra cui la Baraggia, il significato era chiaro a tutti: servivano opere per redimere e riqualificare il territorio, composto da terreni incolti disposti su più livelli, asfittici e argillosi, coperti da una macchia selvaggia composta perlopiù da  brughiere e alberi ad alto fusto, come querce, betulle e carpini.

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    Nel 1929 la Baraggia fu classificata come comprensorio soggetto a trasformazione fondiaria, in quanto considerata una delle 8 aree più depresse d’Italia e la più depressa in Piemonte. Il suo territorio fu delimitato con il Decreto n.1458 del 2 maggio 1931 a firma di Arrigo Serpieri, lo stesso Serpieri che prestò il proprio nome all’omonima Legge n. 215 del 13 febbraio 1933 sulle bonifiche integrali, ancora vigente oggi e conosciuta appunto come Legge Serpieri.  

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    1933 - Arrigo Serpieri è stato il padre della legge quadro sulla bonifica integrale.  

     

    La bonifica è intesa quindi come riqualificazione di un’area depressa, indipendentemente dalla presenza di terreni paludosi, come si legge nel testo unico: “Le opere di bonifica sono quelle che si compiono in base ad un piano generale di lavori e di attività coordinate, con rilevanti vantaggi igienici, demografici, economici o sociali, in comprensori in cui cadano laghi, stagni, paludi e terre paludose, o costituiti da terreni montani dissestati nei riguardi idrogeologici e forestali, ovvero da terreni [...]  suscettibili di una radicale trasformazione dell'ordinamento produttivo”. 

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    Così L'Unità  del 13 dicembre 1949accolse il nuovo ente che avrebbe attuato la bonifica.

    La trasformazione del territorio, avvenuta in meno di un secolo, è una parte di storia fondamentale della Baraggia, che conobbe dalla metà del ‘900 uno sviluppo socio economico senza eguali nella storia.  La sua superficie si estende su circa 44.000 ettari di territorio piemontese, che partono dalla periferia nord di Vercelli e salgono fino alle Prealpi Biellesi, ai piedi del Monte Rosa, mentre a est è delimitato dal fiume Sesia a ovest dal torrente Elvo. Di questo comprensorio fanno parte 36 comuni, 18 nella provincia di Vercelli e 18 nella provincia di Biella.

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    La planimetria allegata al decreto n. 1458 del 2/5/1931 di delimitazione del comprensorio di bonifica. Il alto a sinistra la firma originale di Serpieri.

    In base agli articoli 54 e 76 della Legge Serpieri furono costituiti i consorzi di bonifica e i consorzi di miglioramento fondiario per curare l'esercizio e la manutenzione delle opere pubbliche di bonifica nel comprensorio delimitato. Opere di questo genere riguardano, ad esempio, la sicurezza idraulica, la gestione delle acque destinate all'irrigazione, la partecipazione ad opere urbanistiche, ma anche la tutela del patrimonio ambientale e agricolo.  Dopo quasi un ventennio, il 9 dicembre 1950, venne costituito il Consorzio di Bonifica della Baraggia Biellese e Vercellese con il decreto n. 3862 a firma dell’allora Presidente della Repubblica Luigi Einaudi, un segno di svolta nella storia della Baraggia e del suo sviluppo agricolo, sociale ed economico.  

    Lo stesso Einaudi aveva firmato nel 1939 il volume “Saggi di Economia Rurale” (G. Einaudi Editori E., Torino) con il quale sembra essere precursore dei tempi e nel quale si pronuncia in maniera predittiva nei confronti delle attività che il Consorzio avrebbe svolto negli anni a venire. 

    “L’uomo rese, con l’irrigazione, benefici quei caratteri del suolo che erano naturalmente avversi all’agricoltura… ma l’irrigazione non è essa stessa un miracolo, è frutto di opera millenaria, che mai non resta; che ad ogni generazione si appalesa impari alle nuove esigenze della progredita tecnica agraria e della coltivazione di nuove o rinnovate specie vegetali [...] I canali, dai massimi ai minimi, debbono continuamente essere ricostruiti e modificati. E nuovi spianamenti di terreno, le scomposizioni e ricomposizioni dei fondi rustici, la captazione di nuove acque e l’aumento della massa d’acqua condotta nei vecchi canali impongono diversa distribuzione dell’acqua, sia nel campo sia nello spazio, attraverso la fitta rete che fa giungere l’acqua fino all’ultimo campo”.

    Una delegazione della USA Rice Federation approda in Piemonte dal 21 al 25 ottobre alla scoperta del riso italiano e la Strada del riso vercellese di Qualità li guida sul territorio, dove l’agricoltura si lega in modo imprescindibile con la gestione della risorsa acqua. Il Consorzio di Bonifica della Baraggia Biellese e Vercellese e il Consorzio di Tutela della DOP Riso di Baraggia Biellese e Vercellese hanno colto l’occasione per promuovere le infrastrutture irrigue e l’attività agricola di queste terre uniche e meravigliose.

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    Dopo la visita in Ente Nazionale Risi, alla Camera di Commercio di Vercelli e alla Borsa del riso, ai sindacati agricoli (Coldiretti, Confagricoltura e Cia) e presso l’Associazione di Irrigazione Ovest Sesia con il Canale Cavour, oltre ad alcune importanti riserie della zona, è la volta della Baraggia.

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    La delegazione del Rice Leadership Development Program è capitanata da Steve Linscombe, famoso breeder della Louisiana State University (LSU), e guidata da Massimo Biloni, presidente della Strada del Riso Vercellese di Qualità. Giovedì 24 ottobre l’Ing. Domenico Castelli, che ha seguito la progettazione e realizzazione dell’invaso, ha condotto la visita all’interno della Ravasanella a Roasio, Vercelli. Dino Assietti, presidente del Consorzio di Bonifica della Baraggia Biellese e Vercellese, ha scelto una tra le tre più grandi opere costruite in Baraggia, fondamentale per l’approvvigionamento e il controllo delle risorse idriche e del loro utilizzo programmato in agricoltura. “Questo invaso” spiega Assietti “ha una capacità di 5 milioni di mc e fu inaugurato nel 1992. Da allora bagna oltre 11.000 ettari di risaie nel comprensorio della DOP, tra il Cervo e il Sesia, oltre ad avere una utilità idroelettrica che va non solo a beneficio delle attuali generazioni ma anche di quelle future”.

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    Anche il Consorzio di Tutela della DOP Riso di Baraggia Biellese e Vercellese ha un ruolo centrale nel promuovere il territorio e lo fa attraverso un prodotto unico: l’unico riso DOP in Italia e il primo in Europa per estensione. I 22.000 ettari di risaia coltivati in Baraggia costituiscono una nicchia nel panorama mondiale del riso, ma un’assoluta eccellenza, riconosciuta a livello internazionale grazie alla tutela disciplinata e garantita dall’Unione Europea. Il marchio DOP preserva le cultivar storiche, tanto che in Baraggia vengono ancora coltivati risi autentici, come l’Arborio, un riso storico della tradizione famoso in tutto il mondo, o il S. Andrea, scelto da Bocuse D’Or come partner ufficiale delle selezioni europee a Torino del 2018. La visita in una riseria di Rovasenda ha completato il viaggio degli americani in Baraggia: sì perché il riso DOP viene coltivato, ma anche lavorato e confezionato sullo stesso territorio, garanzia di una tracciabilità unica in Italia.

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    A nome di tutti i Consiglieri, il Consorzio di Bonifica della Baraggia Biellese e Vercellese ringrazia la Strada del Riso Vercellese di qualità, la USA Rice Federation con il suo Rice Leadership Development Program per questa occasione di crescita comune e di promozione di un territorio unico che ha ancora tanto da offrire ai visitatori provenienti dall’Italia e dall’estero.

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